Peter ha 26 anni e viene da Kranj, un piccolo paese vicino a Lubiana, la capitale della Slovenia. È uno degli otto giovani volontari, principalmente studenti di età compresa tra i 19 e i 26 anni, giunti a Smirne per un campo di lavoro estivo presso la chiesa di San Policarpo.
Li ha accolti l’ Arcivescovo Mons. Martin Kmetec, anche lui sloveno. Hanno lavorato ininterrottamente per sostenere il progetto di restauro in corso, collaborando all’ opera di
rafforzamento dell’edificio principale, al fine di prevenire possibili danni in caso di terremoto.
Volevano inoltre rendersi conto di come vive un sacerdote in un paese dove il cristianesimo non è la religione della maggioranza, di come si vive tra persone di una cultura diversa dalla propria e come un sacerdote possa diffondere il Vangelo in un ambiente in cui i cristiani rappresentano una minoranza.
Osservare la vita di un cristiano in Turchia è, secondo Peter, molto utile, come pure vedere persone vivere coraggiosamente la propria fede. “I cristiani qui sono profondamente devoti e la loro fede è molto forte. In Slovenia, almeno nella mia esperienza, capita a volte che si diventi indifferenti o forse si perda la fiducia per un breve periodo. Siamo così abituati a vivere in un ambiente cristiano che forse può facilmente accadere che le pratiche religiose, come la partecipazione a Messa, la preghiera e la lettura della Bibbia, inizino a diventare un’ abitudine e non vengano più vissute nella loro profondità. In Slovenia gran parte della popolazione si definisce ancora cristiana e cattolica, quindi non è difficile assumere uno stile di vita conforme ai valori cristiani, a differenza di quanto accade in Turchia. Venire qui e vedere persone così profondamente devote e così fedeli alla comunità cattolica è stato stimolante e motivante”.
I giovani sloveni sono arrivati a Izmir il 7 luglio e sono partiti alla fine del mese, per un totale di circa tre settimane.
Hanno scavato trincee profonde circa un metro lungo le pareti del cortile e, all’interno di esse, hanno collocato strutture in cemento armato per aumentare la resistenza e la stabilità dell’ edificio. La loro giornata abituale è iniziata alle 7:30 con la Messa celebrata dall’Arcivescovo. Dopo colazione, hanno lavorato dalle 9:00 alle 12:30 e, dopo la pausa pranzo e un po’ di riposo, hanno continuato il loro lavoro dalle 15:00 alle 18:00. Dopo cena, hanno condiviso importanti momenti di riflessione con il Vescovo Martin prima di pregare insieme un’ultima volta in Cappella.
Il 20 luglio hanno animato con il canto l’ Adorazione eucaristica nella cattedrale di San Giovanni, proponendo alla riflessione dei presenti brani del Vangelo, in turco e in inglese, con semplici domande per la meditazione personale.
Hanno vissuto momenti di semplice e fraterna condivisione con i membri della comunità, per esempio con le laiche consacrate che vivono in Episcopio e con coloro che collaborano con l’Arcivescovo.
Hanno visitato il Santuario di Meryemana e gli scavi di Efeso in compagnia di Mons. Martin e la città di Bergama con un giovane catecumeno della Cattedrale. Hanno anche visitato una moschea a Smirne insieme ad un seminarista della Diocesi.
Al termine di questa esperienza l’opinione di Peter sulla vita di un sacerdote o di una suora in una terra di missione come questa, è decisamente cambiata. Si tratta di una missione diversa rispetto a quella cui siamo abituati a pensare.
“Izmir è una città molto grande con un’Arcidiocesi molto attiva. La vera missione consiste nel prendersi cura della piccola comunità cattolica, nell’accompagnare i pochi cristiani che vivono qui e nel preservare e custodire la fede cattolica. La missione in Africa si pone invece come obiettivo quello di collaborare alla costruzione di una comunità stabilendo prima di tutto condizioni di vita dignitose”.
Peter ha completato il Master in Linguistica Generale e ora si prepara ad entrare in Seminario nella capitale slovena, insieme ad un altro giovane con cui ha condiviso questa esperienza davvero unica qui a Smirne.